Fondata a Milano nel 1872, la Pirelli è stata una delle poche aziende italiane che è riuscita a superare il varco della storia, operare a cavallo di tre secoli differenti, sopravvivere a due guerre mondiali nonché alle varie crisi economiche che negli ultimi 150 anni hanno colpito l’Italia, l’Europa e il mondo intero.
Come ogni altra grande realtà che si rispetti, anche per Pirelli sembra valsa la regola per cui una società forte è tale solo se guidata da persone che possono vantare elevatissime abilità nel fare impresa. E conoscere le storie e le attitudini di questi fari è sicuramente un ottimo modo per inquadrare al meglio la società di cui trattiamo in queste righe, potendo così carpire a fondo l’essenza della sua storia, e le ragioni della sua fortuna.
Giovanni Battista Pirelli
Giovanni Battista Pirelli è stato a tutti gli effetti il padre della compagnia che ancora oggi porta il suo nome. Nato nel 1848 in provincia di Lecco, a Varenna, proveniva da una famiglia di modesta estrazione. Il padre era un panettiere, e con il ricavato dell’attività di famiglia doveva mantenere dieci figli, cinque dei quali sarebbero morti prematuramente.
Giovanni Battista riuscì comunque a terminare gli studi, arrivando addirittura all’alloro in Ingegneria, conseguito nel 1870 presso l’Istituto Tecnico Superiore di Milano (quello che poi diventerà il Politecnico). Pirelli risultò essere il migliore del suo corso, fattore che gli permise di aggiudicarsi una borsa di studio grazie alla quale poté approfondire le sue ricerche nel campo della produzione industriale.
Solo due anni più tardi, a soli 24 anni, grazie ad un finanziamento ottenuto da alcune banche milanesi fondava la G.B. Pirelli e C., azienda pensata per la produzione di prodotti in materia di gomma elastica. Nasceva, nel 1972, quella che poi sarebbe diventata la Pirelli così come la conosciamo oggi.
Durante il suo mandato quale presidente della compagnia, terminato solo alla sua morte (1932), Pirelli è riuscito ad incanalare la sua creatura sui binari del successo, grazie a scelte e intuizioni che si sarebbero rivelate di fondamentale lungimiranza, e che elenchiamo di seguito:
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1879: avvio della produzione di cavi per il trasporto di energia elettrica, che consentiranno all’azienda di diventare la prima al mondo nel settore delle trasmissioni telegrafiche sottomarine e, in un secondo momento, leader anche in quello delle trasmissioni di corrente ad alta tensione;
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1890: avvio della produzione di pneumatici per biciclette, che in breve tempo sostituiranno gli obsoleti anelli in gomma piena;
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1902: apertura in Spagna del primo stabilimento estero della compagnia, a cui faranno seguito quelli di Southampton nel 1913, Buenos Aires nel 1917, ancora Spagna nel 1924, ancora Inghilterra nel 1928 e in Brasile nel 1929;
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1907: Pirelli vince per la prima volta una competizione in ambito automobilistico con una vettura che porta il suo nome. Si tratta del raid Pechino-Parigi. L’auto si chiamava Itala (prodotta dal 1907 al 1915), ed era guidata dal principe Scipione Borghese;
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1908: Dalle firme dei figli Piero e Alberto, fiorisce l’idea che diventerà l’inconfondibile marchio di società: la “P lunga”.
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1922: Pirelli viene quotata per la prima volta alla borsa di Milano, l’anno dopo in quella di New York. Sarà la prima azienda italiana a raggiungere un simile traguardo.
Uomo sempre attento ai fatti della società oltre che a quelli del business, Giovanni Battista è stato Senatore del Regno d’Italia dal 1909 al 1932, presidente di quella che diventerà Confindustria dal 1919 e dirigente dell’AC Milan, squadra di cui il figlio Piero assumerà la presidenza dal 1909 al 1928.
Di generazione in generazione: Piero, Alberto e Leopoldo Pirelli
Alla morte di Giovanni Battista l’azienda passa nelle mani dei due figli del fondatore, Piero (1881-1956) e Alberto (1882-1971). Entrambi laureati nel 1904 a Genova e membri del direttivo aziendale a partire dal 1905, saranno protagonisti insieme al padre dell’espansione nel campo tecnologico e produttivo della Pirelli per tutto il trentennio successivo.
Il primogenito avrà anche un ruolo importante nell’ascesa a livello nazionale dell’AC Milan, società della quale sarà presidente per venti anni (1908-1928) e per la quale farà costruire lo stadio San Siro.
Molto più attivo nel campo del business si rivelerà il fratello Alberto che, fra le varie cose, sarà negoziatore per l’Italia durante il trattato di Versailles del primo dopoguerra (1923), succederà al padre alla guida di Confindustria (allora Confederazione Fascista degli Industriali) e, nonostante notizie contrastanti sul suo rapporto con il regime, arriverà a criticare pubblicamente Mussolini nel 1925 sul tema delle restrizioni in materia di libertà agli oppositori del fascismo.
Dei quattro figli di quest’ultimo soltanto uno, Leopoldo (1925-2007), continuò la via maestra tracciata dal nonno alla guida dell’azienda di famiglia. Laureato in ingegneria meccanica, Leopoldo Pirelli entrò ufficialmente a far parte dell’azienda nel 1950, ne assunse la presidenza nel 1966 e la mantenne fino al 1992.
Così come suo padre e suo nonno, ha ricoperto anche cariche di alto livello in Confindustria, e si è sempre stagliato per il suo impegno sul piano dei diritti sindacali.
L’unica grande macchia nella carriera di Leopoldo Pirelli è stato forse il fallito tentativo di scalata all’americana Firestone, défaillance che ne destabilizzò l’autorità all’interno dell’azienda e che spianò la strada all’ascesa al potere da parte di suo genero: Marco Tronchetti Provera.
Marco Tronchetti Provera
Fallita la scalata a Firestone prima e a Continental dopo, Leopoldo lascia la società nelle mani dell’allora marito di sua figlia Cecilia, l’imprenditore milanese Marco Tronchetti Provera.
Durante la presidenza Tronchetti Provera, databile a partire dal 1995, la Pirelli ha saputo prima riprendersi dallo shock (prevalentemente azionistico) delle fallite acquisizioni della concorrenza, per poi tornare sul mercato in maniera vincente, fino a diventare azionista di maggioranza di Telecom Italia.
Nel 2005 inizia la collaborazione con la Cina, con il primo impianto di produzione aperto in estremo oriente: è questo anche il primo di una serie di passi che in meno di una decade porteranno l’azienda in mani cinesi. Sempre sotto la presidenza Tronchetti Provera viene aperto, nel 2008, uno dei punti di produzione tecnologicamente più avanzati al mondo nel campo degli pneumatici, quello di Settimo Torinese.
Quelli successivi saranno gli anni della nuova consacrazione di Pirelli a leader di mercato nel settore della produzione di pneumatici consumer oriented, senza tuttavia mai trascurare l’aspetto mediatico dell’attività: dal 2011 Pirelli è fornitore unico ed esclusivo per le scuderie che competono per il mondiale di Formula 1, mentre dal 1995 è sponsor della squadra calcistica milanese dell’Inter.
Ren Jianxin
Nel 2015, per settemila e settecento miliardi di dollari, l’azienda è stata acquistata dall’industriale cinese Ren Jianxin (1958), fondatore nel 1984 di una piccola azienda che si occupava di solventi industriali e che sarebbe diventata nell’arco di un ventennio una delle maggiori produttrici mondiali di settore, la ChemChina.
Fra le intuizioni più chiacchierate e riuscite della nuova direzione (nella quale, tuttavia, Marco Tronchetti Provera ricopre ancora il ruolo di vice presidente esecutivo) va citata sicuramente la decisione di aprire una seconda fabbrica in Messico, per la quale Jianxin ha investito 200 milioni di dollari da spalmare in una finestra produttiva di tre anni.
La nuova Pirelli e il ritorno in borsa
La vendita di Pirelli ed il passaggio di consegne da Marco Tronchetti Provera a Ren Jianxin aveva portato l’azienda di Milano ad uscire fuori dal listino azionario di Milano.
La grande novità, che circola in rete già da qualche tempo, è il ritorno di Pirelli in borsa, con una delle IPO più interessanti per il mercato italiano del 2017.
La società fa sapere, in un comunicato stampa ufficiale, che è pronta a tornare in borsa a partire già dal 3° trimestre 2017, decisione presa in seguito ai risultati positivi che sono stati conseguiti nel suo core business, che è quello della produzione degli pneumatici lato consumer.
Per quello che riguarda il numero di azioni che saranno messe in vendita, non è ancora dato saperlo con precisione, ma la cinese Chem China ha già fatto sapere di essere pronta a ridurre la sua quota in Pirelli fino al 50% (oggi possiede il 65%).
La borsa di riferimento sarà, manco a dirlo, quella di Milano, che grazie all’unione con la borsa inglese di Londra, è diventata una delle piazze più importanti a livello europeo.
Le banche che dovrebbero appoggiare la diffusione delle azioni sono la Imi del gruppo Intesa Sanpaolo, e le internazionali JP Morgan e Morgan Stanley, istituto di credito esperti nel lancio di nuove aziende in borsa.
Infine, un appunto sulle tempistiche: settembre dovrebbe essere il messe del roadshow, mentre ottobre quello del lancio ufficiale (ergo, dell’IPO).
Si tratterà di una delle novità più succose, dal punto di vista azionario, per il nostro paese per quest’anno. L’IPO Pirelli 2017 ci terrà incollati al computer nelle prossime settimane / mesi, alla ricerca di novità e indiscrezioni.